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Festa di Sant'Efisio, vestito tradizionale (Foto di A.Duranti)

Cagliari e Sant’Efisio: una “rinascita” che dura 360 anni.

[caption id="attachment_1105" align="alignleft" width="274"] Festa di Sant'Efisio (Copyright: Andrea Duranti)[/caption] Un vero amore è incondizionato e sincero, ma ogni tanto ha pur bisogno di rinnovarsi anche solo un po’ di tempo per sentire più vicino l'oggetto di tanto amore. È quello che ogni anno succede a Cagliari e alla Sardegna col patrono Sant’Efisio, festeggiato e celebrato non a caso all’inizio del mese di maggio, con l’inizio della bella stagione e la rinascita della natura. Fra gli abitanti della città e dell’Isola e la figura del Santo è senza dubbio amore incondizionato, probabilmente per il suo forte legame col territorio, dove il Santo, secondo la leggenda, ha vissuto persecuzione e condanna a morte e dove i suoi festeggiamenti, con il tempo, hanno assunto una forte connotazione di indipendenza, libertà e resistenza alle guerre, alla sofferenza e spesso alla morte.   Una figura che parla di coraggio Efisio, secondo quanto tramandato dagli agiografi, fu un comandante dell’esercito romano sotto l’imperatore Diocleziano, in piena persecuzione contro i cristiani. Servì diligentemente l'esercito fino a quando, avuta la vocazione, pensò di convertirsi. Fu per questo imprigionato a Nora e, dopo ripetute torture, morì decapitato proprio sulla bella spiaggia nei pressi di Pula.   Fra tradizione e leggenda [caption id="attachment_1103" align="alignleft" width="300"] Festa di Sant'Efisio (Copyright: Marcello Treglia)[/caption] Le reliquie del Santo, dopo essere state conservate per circa 750 anni nella chiesetta di Nora insieme a quelle di San Potito, furono portare a Pisa nel 1098 e vi rimasero fino al 1886, anno in cui furono riportate a Cagliari. La devozione per il Santo non diminuì, ma anzi si caricò di solennità e rispetto intorno al 1655 quando, in seguito al voto fatto al Santo, la terribile epidemia di peste ebbe fine. Fu allora che la popolazione si legò fortemente a Sant’Efisio con il voto perpetuo e la promessa di ringraziare e festeggiare annualmente il Santo per la salute ritrovata. La confraternita maggiormente legata al Santo e ai riti che si celebrano in suo onore tra l’1 e il 4 maggio, è l’Arciconfraternita del Gonfalone. Sono tante le tradizioni centenarie che fanno da protagonista durante la festa, dall’abito azzurro-indaco con bottoni bianchi dei Confratelli, all’abito completamente nero delle Consorelle, ai riti che precedono la processione del primo maggio verso Pula e il suo ritorno tre giorni dopo verso la chiesa del patrono nel quartiere di Stampace. Nel totale silenzio e nell'intimità della città.   I colori, la luce e i suoni di Cagliari [caption id="attachment_1101" align="alignleft" width="300"] Festa di Sant'Efisio (Copyright: Marcello Treglia)[/caption] A stupire maggiormente turisti, fedeli e curiosi, il colorato tappeto di petali di fiori(ramadura n.d.r.) con il quale viene cosparsa la strada della centrale via Roma al passaggio del cocchio del Santo, e il rombare festoso delle navi che, ancorate in porto, salutano il suo arrivo al centro della città dalla piccola chiesetta del quartiere di Stampace. A precedere il simulacro del Santo, una statua barocca che raffigura un guerriero dotato di baffetti e armatura splendente, i gruppi folcloristici di tutta la Sardegna: gli scalzi di Cabras, le meravigliose donne di Tempio Pausania, la poesia di Orgosolo, con i colori vivaci,...

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I Musei Civici. Dove le arti si incontrano

La Galleria Comunale e l’antico Palazzo di Città sono spazi privilegiati per mostre ed esposizioni di livello internazionale La Galleria Comunale, con il suo edificio neoclassico immerso nel verde dei Giardini Pubblici, fra fiori, antiche statue e due ficus dalle grandi radici, è la porta dell’Isola sempre aperta sull’arte. Ad accoglierti è “La madre dell’ucciso” di Francesco Ciusa, primo premio alla Biennale di Venezia nel 1907, insieme ad una serie di opere della prestigiosa Collezione Ingrao che ti daranno l’opportunità di respirare il fermento della città. Qui inizierai un ideale percorso che ti porterà nel cuore dell’antico quartiere di Castello, dal Museo d’arte siamese Cardu agli spazi dell’antico Palazzo di Città che ha ospitato numerose mostre e rassegne come la mostra “Il disegno del cinema”, composta da disegni, dipinti, appunti visivi e fotografie di quattordici maestri del grande schermo italiano. Nell’elegante spazio espositivo si muove Anna Maria Montaldo, direttrice della Galleria Comunale. «I Musei Civici si delineano sempre più come centrali operative in cui prende forma l’idea di una città come campo di confronto fra le arti», spiega. «Questa è l’anima di Cagliari Capitale italiana della Cultura 2015. Anima che ci ha portato a operare nel territorio e che ci spinge a collaborare con numerosi musei, compreso l’Ermitage di San Pietroburgo con il quale abbiamo preparato la mostra Eurasia, dedicata alle grandi civiltà»....

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Alghero, la Barceloneta di Sardegna

C'è un'isola nell'isola, in Sardegna. Nella costa nord-occidentale, tra il promontorio di Capo Caccia e quello di Capo Marrargiu, si trova la città fortificata di Alghero, conosciuta anche come Barceloneta, la piccola Barcellona. La sua posizione sul Mediterraneo nel corso dei secoli ha costituito un obiettivo strategico per le maggiori potenze militari. Fondata nel XII secolo dalla famiglia genovese dei Doria, passò sotto il dominio aragonese in seguito alla famosa battaglia di Porto Conte, combattuta nell'omonimo golfo nel 1353. Fu il re catalano Piero IV il Cerimonioso a decidere di cacciare gli antichi abitanti locali per ripopolare la città con coloni catalani, promettendo loro particolari privilegi fiscali. Da allora Alghero divenne a tutti gli effetti una colonia catalana in terra sarda, un avamposto militare e commerciale inizialmente inospitale, vessato da continue epidemie di peste e pericolosamente esposto ad aggressioni da parte delle città rivali. Questo non le impedì di arricchirsi culturalmente con le sue architetture gotiche costruite ex novo e, soprattutto, con una lingua nuova, quella catalana, che si impose anche successivamente all'ingresso di sardi nella città, per le comunicazioni interne e i commerci. Isolato dalla madrepatria, il catalano di Alghero ha mantenuto il suo carattere arcaico ma, nello stesso tempo, ha subito una evoluzione autonoma, ammettendo influenze dal castigliano, dal sardo e dall'italiano. Dopo più di seicento anni questa lingua si conserva vivida per le vie della città, tra i vicoli stretti dei carrers del centro storico che ha mantenuto gli antichi toponimi. Ma scorre fluida anche tra le chiacchiere dei vecchi e i giovani al Mercato Civico di via Cagliari, o in quello ortofrutticolo di via Sassari, dove  è più facile tendere l'orecchio al cicaleccio antico. La fierezza di tale unicità linguistica ha portato negli anni gli algheresi a rivendicare la propria identità culturale attraverso il raggiungimento del bilinguismo paritario e l'insegnamento obbligatorio nelle scuole cittadine. Una visita ad Alghero è imperdibile, dunque, non solo per i paesaggi offerti dal suo splendido mare, o per la ghiotta cucina (anch'essa in gran parte debitrice dell'antica dominazione catalana), ma soprattutto per il viaggio nel passato che l'immersione in una realtà così unica consente....

Foto di: Comune di Domus de Maria

Chia. Un angolo di paradiso

Formata da calette, spiagge e promontori da sogno, la baia è ricca anche di testimonianze storiche ed archeologiche. La Baia di Chia è situata all’estremità ad ovest del Golfo degli Angeli. Formata da calette, spiagge e promontori, presenta un litorale ricco e diversificato e sfuma in tutti i toni del blu. “Il Porticciolo”, “Campana” e “Cala del Morto” sono solo alcuni dei seni preziosi di questa splendida costa. “Su Cardulinu”, isolotto collegato a terra da un istmo sabbioso, conserva gli scavi dell’antico insediamento fenicio di Bithia che collegava Nora e Karalis (Cagliari) a Sulky, oggi Sant’Antioco. A ovest, sul promontorio, la torre spagnola di Chia, occhio vigile sui corsari. Bellissima anche l’anima selvaggia di Cala Cipolla. Punta di diamante: la sconfinata spiaggia di Su Giudeu, che prende il nome dall’isolotto antistante raggiungibile a piedi. Un deserto gentile caratterizza l’arenile, mentre spumose onde srotolano il tappeto azzurro sulla battigia rosata. L’isolotto ricco di vegetazione dà alla baia un’impronta oceanica del tutto esotica. Alle spalle della spiaggia, i resti salini di un’immensa laguna, tappa fondamentale della migrazione dei fenicotteri. Colline di ginepri e mirti punteggiano di verde le colline circostanti e discreti agglomerati di case formano un villaggio spontaneo. Ammutolisce gli animi il faro di Capo Spartivento, silenziosa e antica luce per i naviganti.   Foto di: Comune di Domus de Maria...

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Più di testa o di cuore? A ciascuno il suo vino

Bovale e Cagnulari per i tipi schietti, Vernaccia e Nuragus per i grintosi, Nasco Girò e Malvasia per i più equilibrati.  Più di testa o di cuore? Se agite seguendo il secondo, il vino migliore è un rosso rustico, come un Bovale di Terralba o un Cagnulari di Usini, Sorso e Alghero, speziato e schietto, proprio come voi. Parola del sommelier Giulio Pani. Se poi abbinate al cuore la tradizione, vi consigliamo il Nepente di Oliena, di ascendenza dannunziana e vocazione sensuale. Siete instabili, nervosi ma irresistibili? Sorseggiate una Vernaccia di Oristano o il Nuragus di Cagliari, il principe dei paglierini di Sardegna. Se invece Minerva è la vostra divinità, la testa fa da padrona e con lei i vini frutto della tradizione. Il Vermentino di Gallura, un vino bianco fatto per la vista e per l’olfatto, attiva l’ingegno, così come un Carignano del Sulcis, rosso che colpisce, specialmente se abbinato ad un piatto di formaggi. Se poi siete dei tipetti equilibrati, un bicchiere di Nasco e Girò è il vostro vino d’elezione insieme al Malvasia di Cagliari o di Bosa, femminile e elegante il primo, forte e austero il secondo....

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La bottega del legno. Dove il sogno si unisce all’arte

Grazie all’antica tecnica dell’intaglio, a Pirri, Giorgio e Antonello Puddu creano sorprendenti cassepanche tradizionali. Giorgio Puddu è il signore del legno, lo corteggia e lo conquista con una morbidezza capace di esaltarne le venature. Le essenze, nelle sue cassapanche (“sa cascia”), nei suoi scranni e nelle sue culle (“su barzolu”) sono sublimate grazie alle tecniche più fini che nell'intaglio trovano un'identità inaspettata. L'erede di Giorgio si chiama Antonello. Anche lui è “mastr'e linna” (maestro del legno), ricama il legno insufflandogli la vita. Li abbiamo incontrati nella loro bottega a Pirri, in piazza Italia, e siamo entrati in un mondo in cui il sogno si unisce all'arte. «Ero bambino e guardavo mio zio nel suo laboratorio, creavo per i miei amici i giochi allora in voga. “Sa bardufula”, la trottola con lo spago e “su barralicu” a quattro facce. Poi c'erano “su fusili de canna e linna” (il fucile di canna e legno), il cavallino ottenuto con canna (“su cuaddeddu de canna e de linna”) e il cavallo a dondolo (“su cuaddeddu santzia-santzia”)». Da allora non ha più smesso, perché alla gioia di creare non si rinuncia....

Telaio-del-meriggio-Maria-Lai1970

Il fare delle donne. Magia di Sardegna

Tutto ciò che c'è di bello e di gentile in Sardegna è di mano femminile. Queste le parole dello scrittore Giuseppe Dessì, pronunciate mentre osservava operare l'amica e vicina di casa a Roma Maria Lai, l'artista di Ulassai che fece del recupero dei lavori quotidiani femminili e della fiabe tradizionali la sua peculiare cifra espressiva. Come la sua interpretazione per immagini (ne Il dio distratto) della fiaba delle piccole janas, le fate operose che, nate da una scintilla divina, anelano al raggiungimento della dimensione umana, e la ottengono creando uno stato d'attesa. Per millenni giocano a “fare le donne”, scavando case nella roccia (domus de janas), costruendo telai d'oro, filando e tessendo. Preparando, cioè, tutta quella sapienza divina che avrebbero consegnato alle donne una volta giunte nell'isola. Le sue opere sono trame di stoffe, libri cuciti e opere concettuali che recuperano e sfidano le tradizioni, come dimostra l'opera Legarsi alla montagna, ideata per il paese natio Ulassai, nel cuore dell'Ogliastra. La sapienza manuale in Sardegna è un' arte prettamente femminile, che richiede pazienza e legame con la memoria, attraverso il passaggio di consegne tra generazioni. Una delle più antiche è sicuramente quella legata alla tessitura del bisso. Tale fibra tessile di origine animale veniva estratta, sin da tempi remoti, da alcuni molluschi come la Pinna Nobilis. Secondo la leggenda, la produzione della “seta marina” sarebbe giunta a Sant'Antioco con Berenice, che visse nella località sarda con l'imperatore Tito, suo marito. Appartenente alla casata di Erode, la donna portò con sé la conoscenza di questo antico sapere, custodendolo e tramandandolo a sua volta. La Pinna Nobilis, tuttavia, è ora a rischio di estinzione e la sua pesca e lavorazione praticamente inesistenti. Ma non in Sardegna. A Sant'Antioco infatti, vive e lavora Chiara Vigo, l'unica detentrice in Europa di questa preziosa arte, appresa dalla nonna, e che si propone di tramandare a sua volta con gesti e parole da antica sciamana. L'arte del bisso – dice – non è di sua proprietà, e non ne può fare commercio: è piuttosto un insieme di valori che ha il dovere di trasmettere alle generazioni future. Anche l'arte del ricamo, giunta in Sardegna dall'Oriente, trova nelle mani sapienti delle donne di questa terra la sua affermazione più superba. Basta dirigersi nella pittoresca Bosa, o a Oliena, per ammirare ancora oggi le donne sugli usci delle loro case, produrre curve i loro filet, o gli scialli variopinti. Ma non si pensi a loro come a dei monumenti viventi, intente a ripetere dei repertori immutati: alcuni dei loro lavori si possono ammirare tra le collezioni di uno stilista di fama mondiale come Antonio Marras. Nella Foto: Telaio del meriggio, Maria Lai 1970, opera appartenente alla collezione della Stazione dell'arte ...

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La Giara di Gesturi. Nel cuore del silenzio

Nell’altipiano basaltico, circondato da profondi dirupi e costellato di paludi, vivono branchi di cavallini selvatici. Nel cuore centro meridionale della Sardegna, fra Tuili, Gesturi, Setzu e Genoni, figlia dei secoli, dei vulcani e dell’azione erosiva del tempo e della storia, la Giara di Gesturi (o Jara Manna), con i suoi chilometri non interrotti di arbusti, sugheri, piegati dal vento come bandiere, lecci, corbezzoli e piante di elicriso, si riscopre come “la mesa” dei sardi. Un altipiano basaltico di 43 Kmq, circondato da profondi dirupi e costellato di paules (paludi), in cui crostacei preistorici e cavallini selvatici, forse di origine fenicia, popolano un quadro incastrato fra presente e passato. Luogo in cui il vento, il verde della flora, coniugato in tutte le sue sfumature, l’orizzonte e le creature ataviche che vi risiedono, non tarderanno a ispirarvi quel coacervo di emozioni in bilico fra la solitudine e la pace. Il silenzio è il vero signore. La quiete, insieme ai piccoli destrieri, corre silenziosa intorno ai pensieri perché, per dirla con Edgar Lee Masters, “per le cose profonde a che serve il linguaggio?”. È quindi il silenzio primordiale il regalo più bello della Giara, che ti avvolge quando esci dalla distesa di verde e trovi i primi lembi di civiltà. Foto di: Lino Cianciotto  ...

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San Sperate. La piccola Atene Sarda

Non è una metropoli. Neppure una delle capitali dell'Isola. San Sperate si identifica però nella piccola Atene sarda. Un'oasi di colori, suoni e forme che incanta l'universo dei vacanzieri e non solo. Sui muri del Paese Museo – così è stato ribattezzato il centro del sud isolano – si trasfigurano scene di storia, con le radici del mondo agropastorale che si mescolano alle pitture di protesta per una terra invasa da industrie senza futuro e da uno smottamento sociale provocato dalla caduta delle ideologie. Un mutamento culturale simile alla rivoluzione copernicana, partito alla fine degli anni Sessanta – con il '68 che rappresenta  il primo segnale della nuova sarabanda speratina – e che non si è più fermato. Il protagonista indiscusso della nuova epopea è sicuramente Pinuccio Sciola, uno dei più grandi scultori europei che – appena tornato dalla Francia e con l'esperienza maturata in Spagna – diventa il precursore del muralismo in occasione di una processione per il Corpus Domini. I muri imbiancati diventano una sceneggiatura per raccontare la storia – e le storie – non solo di San Sperate, ma del mondo che ruota attorno. Dai simboli del paese, con le pesche e le arance in primo piano, sino ai personaggi storici – da Giovanni Paolo II a Madre Teresa di Calcutta – senza dimenticare la protesta contro le guerre e i segni della società agropastorale. Tra le case del Paese museo si possono scorgere dei veri e propri quadri da incorniciare. Un viaggio tra le stradine colorate del centro storico - tra via Cagliari ed i rioni di San Giovanni e Santa Lucia – che sembra fermare quasi il tempo. Poi, nella casa-laboratorio dell'artista (mito) di un paese intero – sulla via Enrico Marongiu - si respira un'aria fiabesca. I giganti di trachite che elaborano delle musiche ancestrali. Un mistero. Le Pietre Sonore vanno oltre delle pure geometrie. I colossi di basalto emettono una musicalità  originale che richiama al pensiero del creato. Non è un caso che lo stesso scultore nel palcoscenico incantato di via Marongiu citi le frasi della Bibbia: "Prima fu il suono. E la terra stessa è un puntino dell'universo. Il suono stesso si è depositato dentro la terra". Eppoi un richiamo agli Incas. "Quando è nata la luce, la pietra già esisteva". Pietra e suono si intrecciano nei blocchi intagliati di granito, trachite e basalto. Una vera e propria poesia che ammalia i visitatori in questo luogo dell'anima. San Sperate è anche terra di sapori e gusti antichi. Sulla via Roma si incrociano i profumi degli amaretti e delle pardulas sfornate dal Biscottificio Collu. All'ingresso del paese – in via Cagliari – si possono assaggiare le prelibatezze prodotte da un altro Biscottificio, con il marchio Corronca: dai piricchitus  ai gueffus.  Sulla bretella che corre dritta da San Sperate a Villasor si affaccia la Cooperativa Apistica Mediterranea. E' il tempio del miele, con oltre 4 mila alveari per portare il prodotto sulle tavole. Si confezionano le etichette di pregio con i mieli di arancio e di asfodelo che...

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